Capitolo VI         Destinazione originaria e funzioni 

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A distanza di oltre mille anni, nulla si conosce relativamente all’origine della Cattolica e alle funzioni da essa svolte, anche perché “il genuino significato originario andò smarrito”. E’mile Bertaux identificò la Cattolica nella cattedrale (Katholikè) di Stilo, contrariamente a quanto ritiene l’Orsi secondo il quale il nome di Cattolica, a Stilo, indicò una chiesetta eremitica, officiata da qualche solitario basiliano, che qui viveva in preghiera e qui moriva in solitudine e povertà e qui si faceva seppellire”, anche se, a parere dell’archeologo, nei grandi centri, specialmente in Grecia, poteva riferirsi ad una Cattedrale e nelle località minori alla chiesa parrocchiale, che si differenziava così dai piccoli oratori e dalle chiese monastiche.

L’edificio fu per il canonico Macrì (cfr. la citata Memoria istorico – geografica, inserita nel primo volume delle Memorie per servire all’istoria letteraria, civile ed ecclesiastica del Regno di Napoli) “la prima e antica Parrocchial Matrice”, come, del resto, per Vito Capialbi (cfr. Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Militense, Napoli, Tip. Porcelli, 1835), che, a proposito del nome Cattolica, osservò: “Così fu detta non solamente la chiesa cattedrale di una città Vescovile; ma ancora tutte quelle nelle quali anticamente vi erano i fonti battesimali” (fonte battesimale che fu stabilito nell’attuale chiesa Matrice solo nel 1627, come dimostra l’iscrizione ivi apposta: Jacobus Crea Vicarius perpetuus fieri fecit 1627).

Da tale fatto – suffragato dagli studi di D. Martene, il quale nel De Antiquit. eccles. ritibus dimostrò “che ne’ primi tempi anche molte chiese monastiche avevano i battisteri” – deriva la conferma, secondo il Capialbi, del ruolo della Cattolica, che era “retta dal vicario perpetuo che occupa il primo posto fra i parrochi di quella città, e come successore del Protopapa n’esigeva il ius sepolturae, nella città non solo, ma in tutto il territorio di sua giurisdizione”. Di parere opposto a Paolo Orsi fu Luigi Cunsolo. “Non credo che la Cattolica – ha notato lo scrittore – possa dirsi una chiesetta eremitica…La mole architettonica, la ricchezza e l’importanza degli affreschi stratificati, la copertura di piombo delle cupole sono cose che contrastano con le possibilità e la povertà di un semplice eremita. Altro è decorare una laura, come per esempio S. Angelo di Stilo, altra cosa un’opera in muratura, che richiede una concezione artistica e mezzi non indifferenti. Abbiamo appreso, d’altra parte, da Vito Capialbi che partivano dalla Cattolica le Rogazioni (oltre alla processione di S. Marco), le quali, certo, non potevano essere celebrate da un solo basiliano e che sotto il pavimento della chiesa furono ritrovati numerosi resti umani, come avveniva anticamente per tutti i morti delle parrocchie. Si tratta dunque di una vera e propria chiesa parrocchiale, come parrocchiale era la chiesa di S. Lucia, di S. Biagio al Borgo, di S. Nicola e le altre numerose, per ampiezza non molto più grandi della Cattolica. E’ da notare infine che ha conservato il nome bizantino originale, Cattolica, “universale”, titolo che si dava appunto alle chiese parrocchiali”. La convinzione dello storico stilese è confermata, a suo dire, da un manoscritto del 1631 che richiama le parrocchie del luogo e riguardante la storia del Regio demanio di Stilo e dell’autonomia amministrativa della cittadina, che ebbe propri “Parlamenti pubblici, Deputati et Sindici”. “In primis che stante  - recita il documento – vi sono in questa città cinque cappelle, seu parrocchie separate in orioni (leggi rioni), seu contrade, cioè la Cappella della Chatolica, Santo Nicola, Santa Marina con Santa Lucia, Santo Biase del Borgo, e Santa Catharina, ch’ognuna di dette cappelle, seu l’huomeni d’esse habbiano d’eliggere quattro persone, cioè due di nobili, e due del popolo, e dell’honorati, quali si chiameranno deputati di d.e cappelle, et havranno d’intervenire, a votare nelli Parlamenti pubblici, così infra annum s’eligeranno li sindici, et altri officiali d’essa università”.

Ma anche da un documento, tratto dalla biblioteca del Conte Capialbi, in cui sono riportate le concessioni ottenute da Stilo “per lo Ill.mo Sig. D. Alfonso de Aragonia Duca di Calabria”, tese ad evitare “molte discordie civili”, nate dal fatto che gli elettori dovevano votare palesemente, il che li esponeva a malumori, vendette e seri pericoli.

Ecco l’atto pubblico: “Idem ordina et concede lo dicto Sig. Duca che la dicta Università ogni anno facza consiglio generale il la festa de Nostra Donna De Augusto (cioè il 15 agosto, festa dell’Assunzione) servata la forma predicta nel quale eliggere quindici cittadini, cinque de li gentilhomini et onorati cittadini et dece del populo facendo dicta eletione quietamente senza rumore dicendo ciascheduno del dicto consiglio lo parere suo et che per uno Notaro in presencia delo Regio Officiale se scrivano li nomi et cognomi deli citadini che saranno electi…”. Quest’ultimo atto evidenzia il ruolo e l’importanza assunti nel corso dei secoli dalla Cattolica, che doveva esser tenuta proprio in considerazione visto che il 15 agosto (giorno della festa dell’Assunzione e della Vergine Nostra Donna de Augusto, a cui il tempietto era dedicato) coincideva addirittura con lo svolgimento di un importante avvenimento pubblico: quello dell’elezione dei Deputati al parlamento stilese. Dall’opinione di Cunsolo si discosta lo storico Mario Squillace, che nel suo “La Cattolica” – edito dal Comune di Stilo nel 1962 e stampato da Abramo – così si esprime: “Il nome dato alla nostra  chiesa ha incoraggiato Luigi Cunsolo a sostenere una certa opinione storica secondo cui la Cattolica sarebbe stata la prima ed antica parrocchia matrice. La ragione d’evidenza il Cunsolo l’ha ritrovata nel fatto che essa era retta dal Vicario perpetuo, che occupava il primo posto tra i parroci di Stilo, e fino ai primi anni del secolo XIX dalla Cattolica uscivano le processioni delle Rogazioni e di S. Marco. Che dopo il secolo XV e XVI la nostra chiesa abbia in qualche funzione liturgica, surrogato quella parrocchiale, si può convenire ma non prova l’assunto del Cunsolo preoccupato a dimostrare che Stilo fu sede vescovile…La limitata capienza d’altra parte esclude che la Cattolica possa essere stata la parrocchia matrice. Riteniamo più obbiettivamente vero il dettato di Paolo Orsi” (che si tratti, cioè, di una chiesa eremitica). In effetti gli sforzi di Cunsolo furono essenzialmente diretti a sostenere l’autenticità del privilegio di Stilo, antiquis temporibus città vescovile (ma, replica Squillace: “all’823, anno, secondo il Gualtieri, della distruzione del vescovato di Stilo, la Cattolica non esisteva ancora”).

Scrive, infatti, l’autore della Storia di Stilo: “Il rito greco si propagò in Sicilia ed in Calabria tra il VI e VII secolo. Secondo le prescrizioni di questo rito la prima chiesa di Stilo ebbe il nome di Cattolica: denominazione propria delle chiese che non avevano cattedra vescovile ma erano secondarie e servite nel sacro ministero dai presbiteri e dai diaconi della Chiesa Principale del Vescovo, specialmente dopo che il Sinodo Trullano nel canone LIX ne diede speciale ordinamento. Da quanto si è detto si deduce che, accettata la tradizione corrente, l’attuale Matrice, per l’esistenza stessa della Cattolica, dovette essere necessariamente sede vescovile” (come affermano, dice Cunsolo, Paolo Gualtieri, Ferdinando Ughelli, il Barrio, padre Giovanni Fiore, Apollinare Agresta, Giovan Domenico Tassone e Taccone  Gallucci. Cfr., a tal riguardo, p. Francesco Russo, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio di Trento, parte I, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1982, e Vincenzo Nadile, Dal rito greco al rito latino, op. cit. Quest’ultimo, a pag. 9, elenca le diciassette diocesi di Calabria finora conosciute e documentate: tra queste, non vi è quella di Stilo). La notizia, secondo Orsi, è “assai dubbia e basata su fonti spurie. Ciò non toglie che in età normanna il vescovo di Squillace non portasse anche il titolo di vescovo di Stilo e di Taverna, il che è una cosa essenzialmente diversa dall’ammettere una sede vescovile speciale in Stilo: stabilito questo fatto storico, si spiega anche la presenza di un episcopio per il soggiorno del vescovo, quante volte visitava Stilo.

Allo studioso roveretano non è sfuggito tuttavia un documento relativo al monastero di S. Leonzio in Stilo, pubblicato dal Trinchera, nel Syllabus, in cui si parla dei confini dell’episcopio (manoscritto non datato, dei primi tempi normanni, che “ha un interesse al tutto singolare, per la topografia dell’agro stileno, tanto che non meriterebbe d’essere oggetto di una particolare indagine”). La “prova” che Stilo fu sede vescovile va ricercata però, secondo Cunsolo, in un documento del 1093, che si riferisce a una pretesa usurpazione di diritti ereditari e al comportamento di un tale “episcopum Mesimerium”, che ha una conoscenza personale dei luoghi (“che non ci sarebbe potuta essere in un vescovo che avesse visitato la cittadina più o meno in fretta”). Per cui, conclude lo scrittore stilese, “propendo a credere, piuttosto, che la dimora del vescovo nella cittadina fosse più lunga e che egli ispezionasse per molti mesi dell’anno ciascuna delle tre sedi onde il suo vescovato risultava composto” (e cioè, le sedi di Squillace, Taverna e Stilo). “De lo viscopato antiquo, quale ey dirrupato sopra dicto monti”, parla la cosiddetta Platea della Certosa del XVI secolo, che richiama il Consolino, su cui, appunto, stando a questo importante documento vi erano i resti dell’antica sede vescovile. Una problematica, come si vede, tutt’altro che chiusa, la cui soluzione, dice Giorgio Leone, “potrà giungere solo dopo un’accurata analisi delle fonti storiche a disposizione sull’area di Stilo e sul suo possibile vescovado”.

Allettante e convincente sembra la proposta avanzata da Arnaldo Venditti, che, nel suo Architettura bizantina nell’Italia Meridionale (Napoli, 1967, pp. 852-854), propende a ritenere la Cattolica come una chiesa edificata e principale di un monastero in grotta attivo nelle vicinanze, connessa forse con una serie di laure basiliane (in particolare a quella di S. Giovanni Terista, a cui, per Mario Squillace, la chiesetta rimase legata sin dall’origine). “Non sono da escludere – afferma Giorgio Leone, in Forme e modelli, op. cit., p. 20- nella lunga storia dell’edificio…un sostituirsi e un sovrapporsi di diverse funzioni, inclusa quella funeraria, come lascerebbe pensare la testimonianza di L.Cunsolo”. Né va accantonata l’ipotesi di chi (come Edmondo Infantino) vede nella costruzione un “luogo di preghiera collettiva d’età bizantina” (ipotesi suffragata dai recenti rinvenimenti di grotte e insediamenti monastici sul Consolino, di cui si è detto in precedenza).

Anche in questa sede si è propensi ad accettare l’ipotesi di un “sostituirsi e un sovrapporsi di diverse funzioni” compresa quella di oratorio musulmano suggerita da Cuteri. A conclusione di questo capitolo sembra utile individuare delle ipotesi di studio, delle indicazioni che potranno essere argomento di una successiva pubblicazione sull’edificio bizantino. La Cattolica, nata probabilmente (su una primitiva costruzione) come chiesa eremitica- cioè, una “skiti”, dipendente da un altro centro monastico- avrebbe assunto, nel corso dei secoli, le seguenti funzioni: a) chiesetta al servizio dell’antico Kastron di Stilo o di una parte periferica del primo abitato civile della città; b) cappella militare o gentilizia, in uso a qualche famiglia nobile stilese (i documenti storici riferiscono, come si è accennato, di una sepoltura dei Politi); c) contestualmente o successivamente, Matrice e parrocchia di Stilo (negli anni ’30, come ha scritto Zanotti  Bianco, il pavimento del tempietto “era ricoperto di pietre portate dal di fuori, da donne del popolo per sedersi sopra durante la funzione”).


        La cattolica di Stilo