FORME DEVOZIONALI DELLA FESTA DEL CARMINE

A BOVALINO SUPERIORE

 

Caterina E. Nobile

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"Calabria Sconosciuta", anno V, n.18/19, 1982

 

            Ogni anno, l’ultima domenica di luglio, a Bovalino Superiore, un piccolo centro reggino della fascia ionica, situato su una ridente collina, si rinnova, secondo un’antica tradizione, un lieto appuntamento: la festa della Madonna del Carmine. Nei giorni precedenti, il paese cambia volto. Le viuzze, notoriamente silenziose, sono invase da allegre comitive che affluiscono in pellegrinaggio da contrade a paesi vicini ( in particolare, Bovalino M., Ardore M. Benestare ). Intanto fervono i preparativi. Il venerdì mattina, nella chiesetta di Santa Caterina, la Vergine ed il Bambino indossano i vestiti della festa: sono di broccato con ricami in oro. Due preziose corone, corredate da stelle, completano l’abbigliamento. Il sabato pomeriggio, nell’unica navata, si affollano i fedeli ( paesani e forestieri ) per assistere alle funzioni.

            La statua della Madonna, che sorregge con la mano destra l’abitino, è posta su una piccola  “Vara “. Tra i fiori e le candele accese, s’intravedono dei nastri sui quali fanno bella mostra di sé molte offerte in denaro. Tra le monete italiane spiccano i dollari, inviati dagli emigranti che, dalle terre lontane, esprimono così la loro testimonianza di fede.

            Ad un tratto, nel silenzio, tra il mormorare sommesso, s’innalza timidamente una voce a cui, in breve, si uniscono tante altre sì da formare un coro. Il canto, in dialetto, mi colpisce: è cadenzato e sembra una nenia. Tendo l’orecchio per cercare di interpretarne il significato: è un’ inno di lode alla Vergine. Finite le ultime note, dopo qualche attimo di pausa, s’incomincia a recitare il Rosario, alternando, alle preghiere, alcune strofette musicali, finché il suono argentino di una campanella non annunzia l’inizio della messa. I minuti scorrono velocemente e, quando si arriva al S. Vangelo, sta già per imbrunire. Nella chiesa, assiepata fino all’inverosimile, tra un tripudio di mille fiammelle e l’odore acre dell’incenso, s’innalzano le umili preghiere. Si è quasi alla fine delle funzioni quando, all’improvviso, un suono assordante c’investe. E’ arrivata la banda. I suonatori, dando fiato ai loro strumenti, eseguono, con maestria, un brano musicale. Il suono rimbomba tra le vecchie case e l’eco si diffonde rapido tra i vicoli e rimbalza nelle vallate sottostanti. Gli usci in fretta si schiudono, c’è chi si affaccia alla finestra, mentre un capannello di bimbi si raccoglie lesto a curiosare intorno ai musicanti. C’è un po’ di trambusto. I fedeli pian piano escono dalla piccola chiesa, illuminata a giorno, e, disponendosi ordinatamente, in duplice fila, si accingono ad accompagnare in processione la venerata statua. E’ ormai sera. Giunti alla chiesa matrice, si recitano le ultime orazioni e quindi ognuno si avvia verso casa. L’indomani mattina in chiesa c’è un continuo via vai di gente che, di buon’ora, si reca ad ascoltare la S. Messa. C’è chi accende candele votive e chi offre l’obolo; molti portano al collo l’abitino benedetto. Nei volti di tutti si leggono fiducia e speranza. Col passare delle ore, il tempio si riempie di devoti, venuti a rendere omaggio alla Madonna e ad implorare la sua “benevola” protezione. Trascorre così la prima parte della giornata. Il pomeriggio si celebra una solenne messa cantata, durante la quale il predicatore fa il panegirico. E’ questo momento più atteso dai fedeli i quali ci tengono che siano degnamente tributate le lodi dovute a Maria. Intanto, tra canti di lode, la funzione ha termine e ha inizio la processione. Preceduta dalle note festose della banda, la statua della Vergine, tra due fitte ali di popolo, passa per le stradine incorniciate da archi di luce. Un’atmosfera gioiosa aleggia intorno. Tra gli spari dei mortaretti e le acclamazioni di giubilo, la Madonna, dopo un lungo giro, fa lentamente ritorno nella chiesetta di Santa Caterina. La folla ora si riversa per i veicoli, rumoreggiando allegramente. Le bancarelle di dolciumi e di giocattoli, allestite per l’occasione, vengono prese d’assalto. La confusione è al colmo. Scorrono veloci le ore tra scoppi, suoni, risa, mentre le ombre della sera s’ infittiscono. A poco a poco il vocio si dirada. I forestieri, per primi, ancora un po’ frastornati, riprendono la via di casa. I paesani invece si attardano, quasi a voler prolungare la durata di quel giorno spensierato, finito troppo in fretta. S’intrecciano nell’aria i primi commenti sulla riuscita della festa che è costata tanti preparativi, ma che è stata coronata da un notevole afflusso di gente.  

            L’assidua partecipazione dei fedeli ai sacri riti e alle pie pratiche, l’accostamento frequente ai Sacramenti, anche durante la novena, stanno a dimostrare che il culto verso la Vergine del Carmelo tra i “bovalinari” radici profonde (la statua, opera dello scultore napoletano Giuseppe Sarno, è del 1776) ed è ancora molto sentito. Una valida espressione della pietà popolare è rappresentata da preghiere e canti, spesso in dialetto, dedicati alla Madonna.

            Questo prezioso patrimonio racchiude, pur nella semplicità delle espressioni, un’intima spiritualità.

            Una devozione assai diffusa è quella dei “sette mercoledì” precedenti la festa. In quei giorni si recitano, in particolare, oltre al S. Rosario, le “sette allegrezze”. Sono sette colloqui, alternativi a versetti, introdotti da un atto di preparazione e seguiti da una preghiera. La Madonna è salutata con gli appellativi di “Chiara Stella”, “Madre amorosa”, “Gran Vergine e Madre”, “Gran Signora”, “Regina del Paradiso”, “Speranza dei giusti e rifugio dei peccatori”,”Madre, Figlia e Sposa della SS. Trinità”. Si ricordano i suoi alti meriti per cui ella, assisa sul suo “sublime trono”, gode nel cielo “una ineffabile di eterna allegrezza” ed è esaltata su tutti i cori angelici. Si sottolinea che “non si concede grazia quaggiù nel mondo” che non passi prima dalle sue “benigne” mani. Si prega infine la Vergine di porgere “l’orecchio della (…) pietà” alle invocazioni dei suoi fedeli, per purificare i loro cuori “di tutto ciò che dispiace” ai suoi occhi “purissimi” e difenderli “ in tutte le tentazioni e in tutti i pericoli del mondo”.

            Il testo completo delle “sette allegrezze “. Si conserva dattiloscritto presso la sagrestia della chiesa di Santa Caterina. Ritengo interessante riportare integralmente altre preghiere e canti, sia pure in una forma imperfetta e, talvolta, evidentemente corrotta:

 

IL SANTO ROSARIO
( Misteri gloriosi )
Dopo ogni mistero si recita 1 Pater, 10 Ave, 1 Gloria

 

1. Mi rallegru,gran Signura  
chi tò Figgiu, misu’n tortu
pè la sua maggiori sorti,
groliusu alla bonura
Mi rallegru, Gran Signura.
Succurriti a nnui Riggina,
o Maria Rosa Divina
2 Mi rallegru, Santa Matri,
chi tò Figghiu senza velu
groliusu saliu ar celu,
a la destra di sò Patri.
Mi rallegru Santa Matri.
Succurriti a nnui Riggina, etc.
3. Mi rallegru, groliusa,
chi divinu e santu amuri,
di lu suli ti sprendura
comu sua diletta spusa.
Mi rallegru, groliusa.
Succurriti a nnui Riggina,etc.

4.Mi rallegru,Monarchissa,

salistivu ‘n celu cu grolia e parma,
fustivu assunta ‘n corpu ed arma
comu nobili principissa.
Mi rallegru, Monarchissa.
Succurriti a nnui Riggina, etc.
5. Mi rallegru, ‘mperatrici,
chillu Ddiu chi v’ha criatu
Chi di stilli v’ha ‘ncurunatu
pe’ regnari sempi filici
Mi rallegru, imperatrici.
Succurriti a nnui Reggina, ect.

Si cantava quindi la “ Salve Regina” di cui riporto due differenti versioni, una in dialetto e una in italiano:

Ddeu vi sarvi o Riggina,

Dio ti salvi o Regina,

Chi siti Matri Universali,

sei Madre, Figlia e Sposa

Pe’ cui favuri si sali

Gioconda ed amorosa

n Paradisu.

del Carmelo.

 

 

Vui siti gioja e risu

Tu gloria sei del cielo,

di tutti i scunsulati,

onor della tua vita,

di tutti i tribulati

Tu sei ammirata in vita

unica spemi.

Di tua salute.

 

 

Pe’ vui suspira e gemi

Tal fu la gran virtute

lu nostru affrittu cori,

Del tuo divino Figlio

‘nu mari di doluri

A riservarti il giglio

e d’amarizza.

Di Tua purezza.

 

 

Maria, Matri e durcizza,

Maria, speme e dolcezza,

li vostri occhj ietosi,

o donna avventurata,

materni ed amurusi,

sei Vergine illibata

a nui vorgiti.

E pur sei Madre.

 

 

Nui miseri accogghjìti

Volgi le tue leggiadre

sutt’a’ vostru santu velu,

pupille dal Carmelo

e vostru figghiu dar celu

E con amore e zelo

a nnui mostrati.

Tu ci proteggi.

 

 

Nui miseri ascortati,

I figli tuoi sorreggi

gran Vergini Maria,

In questo basso esilio,

durci, clemente e pia

Tu preghi il tuo bel Figlio

l’affetti nostri.

Per tutti noi.

 

 

Di li nimici nostri

Volgi gli occhi tuoi

a nnui dati vittoria

Misericordiosi

e poi l’eterna grolia

Sui figli dolorosi

‘n Paradisu.

E sugli erranti.

 

 

 

Tu accogli i nostri canti

 

Nel seno verginale,

 

Ci scampi d’ogni male

 

Eternamente.

 

 

 

E a Te devotamente

 

Ricorro, o Madre mia,

 

Ti loderò o Maria

 

Del Carmelo

 

Il Santo Rosario mi è stato cortesemente dettato dalla signorina Francesca Liò
nata a Bovalino Superiore nel 1909 ed ivi residente.
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