Correndo l'anno di grazia 1695 

                      

a Bovalino la farmacia "Spetieria" 

del M.co Michele Angelo Spanò

 

    C'era una volta...un paesino piccolo piccolo adagiato in bella posizione su una collina prospiciente lo Ionio. Siamo nel 1690, e Bovalino, con il linguaggio dell'epoca la "Terra di Bovalino", contava allora, secondo il censimento dei "fuochi", cioè dei nuclei familiari, del 1673, soltanto 426 abitanti.
    Ma come, direte voi, andiamo a parlare dell'esistenza di una farmacia in un paesino quasi disabitato che, comprese le frazioni o "casali" di Benestare e Cirella, non arrivava a neanche 500 abitanti?
    In verità Bovalino, poco meno di cento anni prima, era stato uno dei paesi più importanti e con i suoi 2136 abitanti appariva uno dei più popolosi della costa ionica reggina. Vantava un maestoso castello che resistette a innumerevoli assalti ed assedi; sotto la signorìa dei conti Marullo godette di un certo diffuso benessere ed i giovani e gagliardi bovalinesi servirono la 'galea' con cui il conte di Bovalino partecipò, nel 1571, alla battaglia di Lepanto contro i turchi. La successiva signorìa di Sigismondo Loffredo, marchese di Bovalino, si distinse anche per la lungimirante elargizione di benefici ed agevolazioni fiscali per la popolazione che progredì demograficamente ed economicamente.
    Ma in una terribile notte del 1594 le orde di Hassan Cicala, favorite dal tradimento che fece trovare loro spalancate le porte del castello, penetrarono in paese mettendolo a ferro e fuoco, stuprando le giovani e portando via come schiavi i giovani robusti e le ragazze. Pochissimi riuscirono a salvarsi. Il paese ricominciò a vivere lentissimamente con l'apporto degli abitanti di Benestare, Cirella e di San Luca, il paese creato pochi anni prima dal marchese di Bovalino, Sigismondo Loffredo, sulle rovine dell'antica Potamìa.
    Gli sforzi però andarono ad infrangersi contro una serie infinita di eventi negativi che sembrava volessero impedire per sempre a Bovalino di risorgere: nel 1622 infatti si verifica in Calabria una terribile epidemia che provoca 40.000 morti. Le persone morivano all'improvviso e i paesi lungo le coste furono i più esposti. Il 27 marzo 1638 si verifica un terremoto catastrofico, seguito, nel 1640, da un altro che provoca in Calabria 12.000 morti, e da un terzo, nel 1641; conseguenza diretta del terremoto una epidemia di colera ed un corollario di scorrerie di pirati. Nel 1671 si verifica una spaventosa carestìa causata da una invasione di locuste; i morti furono moltissimi e in provincia di soli bambini inferiori a sei anni ne morirono oltre 300. L'undici gennaio 1693 infine un altro terremoto catastrofico rade al suolo Catania e provoca danni ingentissimi in tutti i paesi della costa ionica. Sembra alfine aprirsi uno spiraglio di sole, il luttuoso ciclo cede il posto alla speranza, il paese lentamente si rianima; secondo i cronisti dell'epoca "la Calabria appare, nella seconda metà del '600 quasi disabitata". Mentre si hanno scarne e generiche notizie sui decessi della gente comune, più circostanziate, sopratutto per motivi dell'amministrazione ecclesiastica, sono quelle relative ai religiosi: si apprende così, dai "Bollari dei vescovi di Gerace"  che tra il 1690 ed il 1699 muoiono don Antonio Spanò (3.3.1690), don Annibale Pignatelli (1690), don Annibale Fazzari, don Antonio Scalambrino (2.12.1698).
    L'onomastica bovalinese di questa ultima decade del '600, che si può ricavare dagli scarni e scarsi documenti dell'epoca, annovera vari cognomi di cui alcuni ancora oggi esistenti: Adamo, Allio, Armeni, Blefari, Bosco, Cavallari, Condò, De Costanzo, Diano, Fabaro, Fazzari, Fragomeni, Franzè, Gagliardo, Jentile, Lemmo, Lippi, Orlando, Palaia, Pignatelli, Procopio, Ruffo, Scalambrino, Spanò, Stuppello, Testa, Vento, Zappia, etc.
   Ma torniamo adesso al nostro argomento. Come si può evincere dagli allegati (documento n.1) e (documento n.2), il 22 aprile 1739 viene a Roma presa in esame dalla Sacra Congregazione, una istanza del sacerdote Angelo Lippi da Bovalino risalente al 1733, nella quale egli chiede di potere esercitare "la professione di speziale", cioè di farmacista. In verità la Sacra Congregazione gli aveva già concesso fino al 13 giugno 1733 "la facoltà di poter sopraintendere a detta speziaria", facoltà che fu prorogata per altri due anni "alli tre di marzo 1737".
    Ma come mai, direte voi, un sacerdote chiede di esercitare in prima persona la professione di farmacista?
    Il reverendo evidenzia nella propria richiesta "...come per poter alimentare due sue sorelle, e sei nipoti d'età assai tenera" è 'costretto' a richiedere l'autorizzazione a gestire la farmacia "coll'utile della quale...verrebbe a sostentare tutta la numerosa famiglia, giacchè colla semplice carità della messa appena può sostentare se stesso".
    Cercheremo pertanto di andare con ordine, anche sulla base di una informazione fornitami dall'illustre concittadino dott. Giovanni Ruffo. Dunque, il 23 aprile 1695 il Magnifico Giacomo Lippo, della Terra di Bovalino, sposa Giulia Spanò anch'essa bovalinese. Il Magnifico Chierico Michele Angelo Spanò, padre della sposa, dota la figlia dei beni elencati in un foglio a parte, compilato di comune accordo con lo sposo. Nel foglio sono descritti i capi che compongono 'tre letti completi' (all'uso di Napoli), alcuni gioielli (tra cui tre anelli d'oro, uno con pietra turchina in mezzo, l'altro con...(illegibile)..in mezzo e sei granatini intorno, il terzo con rosetta di pietre brillanti, 'due para di pendenti seu liccàgli d'oro', posate d'argento, etc.), oggetti di rame ed altri di zinco; alcuni animali tra i quali 'jenchi di due anni in tre', altre femmine di due anni, cavalli, un 'mulo da carrozza'; danaro contante e terre in località 'Frazzà, Cultura, Li Prati, Barrittella', due case terrane site e poste nel 'Borgo Maggiore detto Guarnaccia', limitanti con Domenico Jentile ed Antonio Stuppello, e due palazziate.
    Ma torniamo al nostro argomento principale: la farmacia.
    Giacomo Lippo riceve anche in dote la 'spetieria', cioè la farmacia, così come si trova 'al piano terragno della casa di abitazione di esso dotante Michele Angelo Spanò (limitanti il dottor Phisico Onofrio Allio e la Magnifica Anna Adamo, la cui casa hoggi è posseduta dalla Ducal Corte)'.
    Della 'spetieria' andrà subito allo sposo il possesso e il godimento del frutto della metà di essa, vita durante del dotante, dopo la cui morte passerà interamente allo sposo Giacomo Lippo. Del danaro contante, che forma la dote, il Lippo s'impegna a spendere subito 'ducati trenta per meglio attrezzare la spetieria'. Anche la casa di abitazione di esso dotante sarà di proprietà del Lippo, ma dopo la morte di Michele Angelo Spanò e di suo fratello Giuseppe, comproprietario della casa.
    Come segno di gratitudine nei confronti di Giuseppe Spanò, che lascia agli sposi altri beni, questi faranno celebrare cinquanta messe per la sua anima ed elargiranno, nello spazio di quattro anni e nel giorno in cui ricorre la sua morte, cento ducati a favore dei bisognosi della Terra di Bovalino. Firmano il documento il Giudice Paulo Gagliardo, M.co Rosario Franzè, Dottor Phisico Antonio Orlando, Augustino Bosco, Domenico Vento.
    Dall'esame dei documenti si può presumere che il Chierico Michele Angelo Spanò dovesse, all'epoca, essere vedovo. È possibile che egli avesse avuto la farmacia in dote ed è anche possibile che la moglie, avesse avuto, da nubile, il cognome Barletta. I Lippi erano a loro volta originari della città di Napoli. 
    Concludendo, sulla base dei documenti allegati, la farmacia passerà effettivamente al sacerdote Don Angelo Lippi che, successivamente sarà l'istruttore ed il tutore di altri speziali.
   
Piero Leone, marzo 2003
  

 

Allegati

Documento n.1

 

Documento n.2

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